Uno dei temi più misteriosi del teatro tragico greco è la
predestinazione dei figli a pagare le colpe dei padri.
Non importa se i figli sono buoni, innocenti, pii: se i
loro padri hanno peccato, essi devono essere puniti.
… Ho osservato a lungo in questi ultimi anni, questi
figli. Alla fine, il mio giudizio, per quanto esso sembri anche a me stesso
ingiusto e impietoso, è di condanna.
Ho cercato molto di capire, di fingere di non capire, di
contare sulle eccezioni, di sperare in qualche cambiamento, di considerare
storicamente, cioè fuori dai soggettivi giudizi di male e di bene, la loro realtà.
Ma è stato inutile.
Il mio sentimento è di condanna.
… Ma poiché, forse, condanna è una parola sbagliata…dovrò
precisarla: più che una condanna, infatti il mio sentimento è una «cessazione
di amore»: cessazione di amore, che, appunto, non da luogo a «odio» ma a
«condanna».
… Se io condanno i figli (a causa di una cessazione di
amore verso di essi) e quindi presuppongo una loro punizione, non ho il minimo
dubbio che tutto ciò accada per colpa mia. In quanto padre. In quanto uno dei
padri. Uno dei padri che si son resi responsabili, prima, del fascismo, poi di
un regime clerico-fascista, fintamente democratico, e, infine, hanno accettato
la nuova forma del potere, il potere dei
consumi, ultima delle rovine, rovina delle rovine.
… I figli che ci circondano, specialmente i più giovani,
gli adolescenti, sono quasi tutti dei mostri.
Il loro aspetto fisico è quasi terrorizzante, e quando
non terrorizzante, è fastidiosamente infelice.
…Sono maschere di qualche iniziazione barbarica. Oppure,
sono maschere di una integrazione diligente e incosciente, che non fa pietà.
…Nei casi né migliori né peggiori (sono milioni) essi non
hanno espressione alcuna: sono l'ambiguità fatta carne.
I loro occhi sfuggono, il loro pensiero è perpetuamente
altrove, hanno troppo rispetto o troppo disprezzo insieme, troppa pazienza o
troppa impazienza.
… Essi non hanno nessuna luce negli occhi: i lineamenti
sono lineamente contraffatti di automi, senza che niente di personale li
caratterizzi da dentro. La stereotipia li rende infidi.
Il loro silenzio può precedere una trepida domanda di
aiuto (che aiuto?) o può precedere una coltellata.
…. Sono regrediti [ ] a una rozzezza primitiva. Se da una
parte parlano meglio, ossia hanno assimilato il degradante italiano medio —
dall'altra sono quasi afasici: parlano vecchi dialetti incomprensibili, o
addirittura tacciono, lanciando ogni tanto urli gutturali e interiezioni tutte
di carattere osceno.
Non sanno sorridere o ridere. Sanno solo ghignare o
sghignazzare.
… Dunque, i figli che noi vediamo intorno a noi sono
figli «puniti»: «puniti», intanto, dalla loro infelicità, e poi, in futuro,
chissà da che cosa, da quali ecatombi.
Ma sono figli «puniti» per le nostre colpe, cioè per le
colpe dei padri. È giusto? Era questa, in realtà, per un lettore moderno, la
domanda, senza risposta, del motivo dominante del teatro greco.
Ebbene sì, è giusto…che i figli …devono pagare le colpe
dei padri.
Infatti i figli che non si liberano delle colpe dei padri
sono infelici: e non c’è segno più decisivo e imperdonabile di colpevolezza che
l’infelicità.
Sarebbe troppo facile e immorale, che i figli fossero
giustificati [ ] dal fatto che i padri hanno sbagliato. L’eredità paterna
negativa li può giustificare per una metà, ma dell'altra metà sono responsabili
loro stessi. Non ci sono figli innocenti. [ ] Ed è giusto che siano puniti
anche per quella metà di colpa altrui di cui non sono stati capaci di
liberarsi.
Resta sempre tuttavia il problema di quale sia in realtà,
tale «colpa» dei padri.
… intanto, dobbiamo liberarci dall'idea che tale colpa si
identifichi [ ] coll'effettivo potere capitalistico.
I figli che vengono oggi cosi crudelmente puniti dal loro
modo di essere … sono anche figli di antifascisti e di comunisti.
Dunque fascisti e antifascisti, padroni e rivoluzionari,
hanno una colpa in comune. Tutti quanti noi, infatti, fino oggi, con inconscio
razzismo, quando abbiamo parlato specificamente di padri e di figli, abbiamo
sempre inteso parlare di padri e di figli borghesi.
La storia era la loro storia.
Il popolo aveva una
sua storia a parte, arcaica, in cui i figli, semplicemente, [ ] reincarnavano e
ripetevano i padri.
Oggi tutto è
cambiato: quando parliamo di padri e di figli, se per padri continuiamo sempre
a intendere i padri borghesi, per figli intendiamo sia i figli borghesi
che i figli proletari. Il quadro apocalittico, che io ho abbozzato qui
sopra, dei figli, comprende borghesia e popolo.
Le due storie si
sono dunque unite: ed è la prima volta che ciò succede nella storia dell'uomo.
Tale unificazione è
avvenuta sotto il segno e per volontà della civiltà dei consumi: dello «sviluppo».
Non si può dire che gli antifascisti in genere…si siano veramente opposti a una
simile unificazione, il cui carattere è totalitario anche se la sua
repressività non è arcaicamente poliziesca (e se mai ricorre a una falsa
permissività).
… Perché c'è — ed eccoci al punto— un'idea
conduttrice sinceramente o insinceramente comune a tutti: l'idea cioè che il
male peggiore del mondo sia la povertà e che quindi la cultura delle classi
povere deve essere sostituita con la cultura della classe dominante.
In altre parole la
nostra colpa di padri consisterebbe in questo: nel credere che la storia non sia e non possa essere che la
storia borghese.
[tratto da "Pier Paolo
Pasolini, Lettere luterane. Roma 1991, 5-12."]
In questi giorni di ferie in cui mi sono regalato un po’ di tempo per vivermi Milano nei luoghi dove riesco a trovare ancora della bellezza , mi sono imbattuto inevitabilmente anche quest’anno nonostante la crisi con quel fenomeno che è fonte di una sofferenza grande per me .
Infatti camminando
per le strade affollate mi sono sentito spesso urtato , preso in ostaggio da orde
cammellate di giovani dedite allo shopping
pre e post-natalizio . Orde che accerchiano , che costringono a muoverti
al loro ritmo da ebeti ammaliati dalle
vetrine scintillanti . Orde che soffocano il respiro e la libertà di movimento.
Giovani insaziabili
che si affannano ad acquistare ancora con i pochi soldi rimasti , spesso elargiti
da genitori in difficoltà economica per le necessità primarie , per reiterare
il rito del consumo delle festività secondo la legge di sopravvivenza dei tempi
correnti “Il consumo costi quel che costi”.
Giovani isterici
dediti all’ acquisto di cose spesso senza senso con la necessità spasmodica di
scartare per sostituire . Eccesso e spreco. Giovani lontanissimi dalla ricerca dell’essere
ma sempre e solo impegnati a cercare l’apparenza, .
Giovani impregnati
di luoghi comuni veicolati dalle informazioni pubblicitarie che quando ti soffermi ad ascoltarli ti rendi conto che non riescono a
produrre un pensiero proprio.
Giovani inesorabilmente
e costantemente scollegati dalla loro realtà. Sempre “on-line” invece con il
cellulare che è diventato ormai una protesi del cervello vitale per pensare di esistere.
Se li si osserva mentre
sono insieme ai cosiddetti amici si vede
che le “persone reali” per loro sono marginali ciò che conta è quello che
scorre sul monitor del cellulare. Non parlano tra loro se non con battute
frammentate e senza senso. Rigorosamente assente il pensiero , costantemente latitanti
di fronte a qualsiasi ragionamento. Velocissimi invece ad interagire col
cellulare che ha la priorità su tutto , ovunque e sempre. Ognuno cammina isolato
nella propria ricerca di felicità effimera secondo i moduli della società dei
consumi. Smarrito quando la disponibilità economica non gli consente di praticare
la felicità dell’acquisto.
Un mio sogno è che quei pochi giovani , partigiani dei
nostri tempi , che ancora resistono a
questo smarrimento generale , abbiano la forza per riunire i loro progetti , il
loro senso di ribellione , i loro desideri , i loro sogni e riescano a
raggiungere il punto più alto della scogliera per spiccare il volo senza
esitazione verso uno spazio nuovo , un
altrove al di là del mare aperto , dove tutto è da immaginare , da costruire e dove
è da ridefinire un senso nuovo del tempo , un senso nuovo dei rapporti umani , alla
ricerca della felicità vera . La loro felicità...se si avvera è poi anche la
felicità di quei padri che non sono riusciti a raggiungerla.
A questi indomiti visionari gli auguro di
riprendersi in mano il loro destino stravolgendo questa società che noi padri gli abbiamo lasciato in
eredità. Una società che li vuole automi
, omologati alle leggi del consumismo , uccisi
nella mente e nella dignità.
Augurio di un padre
che vive la sua colpa ma che ama la propria
figlia e in generale i figli dei padri della sua stessa generazione. Un padre che ha sognato e
sogna ancora un modello di società dove è vitale che i figli si ribellino ai
padri per potersi costruire la loro felicità e garantire il progresso della
società tutta.
Questi nostri figli forse non ci
riusciranno a raggiungerla la loro felicità , ma già tentare è una forma
di felicità . Non provarci nemmeno è
disperante , azzera il senso del vivere.
E dopotutto nonostante i problemi correlati “ la
crisi economica di questi tempi forse aiuta i giovani a prendere consapevolezza
del vero senso della vita , dopo tante luci di fuochi fatui ” come sostiene mia madre , con la saggezza di un' ottantenne ormai fragile ma abituata a lottare fin da piccola nella sua vita per costruire il suo tentativo di felicità , quando parla alla sua giovane nipote
che l'ascolta e le sorride pensando a quanta forza e caparbietà c'è stata nel suo percorso di vita.
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