lunedì 31 dicembre 2012

Pier Paolo Pasolini : i giovani infelici , la colpa dei padri e...un sogno , il ritorno delle lucciole.



Uno dei temi più misteriosi del teatro tragico greco è la predestinazione dei figli a pagare le colpe dei padri.
Non importa se i figli sono buoni, innocenti, pii: se i loro padri hanno peccato, essi devono essere puniti.

… Ho osservato a lungo in questi ultimi anni, questi figli. Alla fine, il mio giudizio, per quanto esso sembri anche a me stesso ingiusto e impietoso, è di condanna.
Ho cercato molto di capire, di fingere di non capire, di contare sulle eccezioni, di sperare in qualche cambiamento, di considerare storicamente, cioè fuori dai soggettivi giudizi di male e di bene, la loro realtà. Ma è stato inutile.
Il mio sentimento è di condanna.
… Ma poiché, forse, condanna è una parola sbagliata…dovrò precisarla: più che una condanna, infatti il mio sentimento è una «cessazione di amore»: cessazione di amore, che, appunto, non da luogo a «odio» ma a «condanna».
… Se io condanno i figli (a causa di una cessazione di amore verso di essi) e quindi presuppongo una loro punizione, non ho il minimo dubbio che tutto ciò accada per colpa mia. In quanto padre. In quanto uno dei padri. Uno dei padri che si son resi responsabili, prima, del fascismo, poi di un regime clerico-fascista, fintamente democratico, e, infine, hanno accettato la nuova forma del potere, il potere dei consumi, ultima delle rovine, rovina delle rovine.
… I figli che ci circondano, specialmente i più giovani, gli adolescenti, sono quasi tutti dei mostri.
Il loro aspetto fisico è quasi terrorizzante, e quando non terrorizzante, è fastidiosamente infelice.
…Sono maschere di qualche iniziazione barbarica. Oppure, sono maschere di una integrazione diligente e incosciente, che non fa pietà.
…Nei casi né migliori né peggiori (sono milioni) essi non hanno espressione alcuna: sono l'ambiguità fatta carne.
 

I loro occhi sfuggono, il loro pensiero è perpetuamente altrove, hanno troppo rispetto o troppo disprezzo insieme, troppa pazienza o troppa impazienza.
… Essi non hanno nessuna luce negli occhi: i lineamenti sono lineamente contraffatti di automi, senza che niente di personale li caratterizzi da dentro. La stereotipia li rende infidi.
Il loro silenzio può precedere una trepida domanda di aiuto (che aiuto?) o può precedere una coltellata.
…. Sono regrediti [ ] a una rozzezza primitiva. Se da una parte parlano meglio, ossia hanno assimilato il degradante italiano medio — dall'altra sono quasi afasici: parlano vecchi dialetti incomprensibili, o addirittura tacciono, lanciando ogni tanto urli gutturali e interiezioni tutte di carattere osceno.
Non sanno sorridere o ridere. Sanno solo ghignare o sghignazzare.
… Dunque, i figli che noi vediamo intorno a noi sono figli «puniti»: «puniti», intanto, dalla loro infelicità, e poi, in futuro, chissà da che cosa, da quali ecatombi.
 
Ma sono figli «puniti» per le nostre colpe, cioè per le colpe dei padri. È giusto? Era questa, in realtà, per un lettore moderno, la domanda, senza risposta, del motivo dominante del teatro greco.
Ebbene sì, è giusto…che i figli …devono pagare le colpe dei padri.

Infatti i figli che non si liberano delle colpe dei padri sono infelici: e non c’è segno più decisivo e imperdonabile di colpevolezza che l’infelicità.

Sarebbe troppo facile e immorale, che i figli fossero giustificati [ ] dal fatto che i padri hanno sbagliato. L’eredità paterna negativa li può giustificare per una metà, ma dell'altra metà sono responsabili loro stessi. Non ci sono figli innocenti. [ ] Ed è giusto che siano puniti anche per quella metà di colpa altrui di cui non sono stati capaci di liberarsi.
 

Resta sempre tuttavia il problema di quale sia in realtà, tale «colpa» dei padri.
… intanto, dobbiamo liberarci dall'idea che tale colpa si identifichi [ ] coll'effettivo potere capitalistico.
I figli che vengono oggi cosi crudelmente puniti dal loro modo di essere … sono anche figli di antifascisti e di comunisti.
Dunque fascisti e antifascisti, padroni e rivoluzionari, hanno una colpa in comune. Tutti quanti noi, infatti, fino oggi, con inconscio razzismo, quando abbiamo parlato specificamente di padri e di figli, abbiamo sempre inteso parlare di padri e di figli borghesi.

La storia era la loro storia.

Il popolo aveva una sua storia a parte, arcaica, in cui i figli, semplicemente, [ ] reincarnavano e ripetevano i padri.
Oggi tutto è cambiato: quando parliamo di padri e di figli, se per padri continuiamo sempre a intendere i padri borghesi, per figli intendiamo sia i figli borghesi che i figli proletari. Il quadro apocalittico, che io ho abbozzato qui sopra, dei figli, comprende borghesia e popolo.

Le due storie si sono dunque unite: ed è la prima volta che ciò succede nella storia dell'uomo.
Tale unificazione è avvenuta sotto il segno e per volontà della civiltà dei consumi: dello «sviluppo». Non si può dire che gli antifascisti in genere…si siano veramente opposti a una simile unificazione, il cui carattere è totalitario anche se la sua repressività non è arcaicamente poliziesca (e se mai ricorre a una falsa permissività).
Perché c'è — ed eccoci al punto— un'idea conduttrice sinceramente o insinceramente comune a tutti: l'idea cioè che il male peggiore del mondo sia la povertà e che quindi la cultura delle classi povere deve essere sostituita con la cultura della classe dominante.

In altre parole la nostra colpa di padri consisterebbe in questo: nel credere che la storia non sia e non possa essere che la storia borghese.

[tratto da "Pier Paolo Pasolini, Lettere luterane. Roma 1991, 5-12."]





In questi giorni di ferie  in cui mi sono regalato un po’ di tempo per vivermi Milano nei luoghi dove riesco a trovare ancora della bellezza , mi sono imbattuto inevitabilmente anche quest’anno nonostante la crisi con quel fenomeno che è fonte di una sofferenza grande per me .


Infatti camminando per le strade affollate mi sono sentito spesso urtato , preso in ostaggio da orde cammellate di giovani dedite allo shopping  pre e post-natalizio . Orde che accerchiano , che costringono a muoverti al loro ritmo da ebeti ammaliati  dalle vetrine scintillanti . Orde che soffocano il respiro e la libertà di movimento.

Giovani insaziabili che si affannano ad acquistare ancora con i pochi soldi rimasti , spesso elargiti da genitori in difficoltà economica per le necessità primarie , per reiterare il rito del consumo delle festività secondo la legge di sopravvivenza dei tempi correnti “Il consumo costi quel che costi”.

Giovani isterici dediti all’ acquisto di cose spesso senza senso con la necessità spasmodica di scartare per sostituire . Eccesso e spreco.  Giovani lontanissimi dalla ricerca dell’essere ma sempre e solo impegnati a cercare l’apparenza, .

Giovani impregnati di luoghi comuni veicolati dalle informazioni pubblicitarie  che quando ti soffermi ad  ascoltarli ti rendi conto che non riescono a produrre un pensiero proprio.

Giovani inesorabilmente e costantemente scollegati dalla loro realtà. Sempre “on-line” invece con il cellulare che è diventato ormai una protesi del cervello  vitale per pensare di esistere.

Se li si osserva mentre  sono insieme ai cosiddetti amici si vede che le “persone reali” per loro sono marginali ciò che conta è quello che scorre sul monitor del cellulare. Non parlano tra loro se non con battute frammentate e senza senso. Rigorosamente assente il pensiero , costantemente latitanti di fronte a qualsiasi ragionamento. Velocissimi invece ad interagire col cellulare che ha la priorità su tutto , ovunque e sempre. Ognuno cammina isolato nella propria ricerca di felicità effimera secondo i moduli della società dei consumi. Smarrito quando la disponibilità economica non gli consente di praticare la felicità dell’acquisto.
 
Un mio sogno  è che quei pochi giovani , partigiani dei nostri tempi , che ancora resistono  a questo smarrimento generale , abbiano la forza per riunire i loro progetti , il loro senso di ribellione , i loro desideri , i loro sogni e riescano a raggiungere il punto più alto della scogliera per spiccare il volo senza esitazione verso uno spazio nuovo ,  un altrove al di là del mare aperto , dove tutto è da immaginare , da costruire e dove è da ridefinire un senso nuovo del tempo , un senso nuovo dei rapporti umani , alla ricerca della felicità vera . La loro felicità...se si avvera è poi anche la felicità di quei padri che non sono riusciti a raggiungerla.




A questi indomiti visionari gli auguro di riprendersi in mano il loro destino stravolgendo questa società che noi padri gli abbiamo lasciato in eredità.  Una società che li vuole automi , omologati alle leggi del consumismo , uccisi nella mente e nella dignità.

Augurio di un padre che vive la sua colpa  ma che ama la propria figlia e in generale i figli dei padri della sua stessa generazione. Un padre che ha sognato e sogna ancora un modello di società dove è vitale che i figli si ribellino ai padri per potersi costruire la loro felicità e garantire il progresso della società tutta.
Questi nostri figli forse non ci riusciranno a raggiungerla la loro felicità , ma già tentare è una forma di felicità . Non provarci nemmeno  è disperante , azzera il senso del vivere.

E dopotutto  nonostante i problemi correlati “ la crisi economica di questi tempi forse aiuta i giovani a prendere consapevolezza del vero senso della vita , dopo tante luci di fuochi fatui ” come sostiene mia madre , con la saggezza di un' ottantenne ormai fragile ma abituata a lottare fin da piccola nella sua vita per costruire il suo tentativo di felicità , quando parla alla sua giovane nipote che l'ascolta e le sorride pensando a quanta forza e caparbietà c'è stata nel suo percorso di vita.
 

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