mercoledì 30 aprile 2014

Quanto più ci innalziamo, tanto più piccoli sembriamo a quelli che non possono volare.(Frederic Nietzsche)


Sono tornato  in questo luogo di alta montagna che sento appartenermi nell’intimo.
In un passato non lontano con la sua energia mi ha riconciliato alla vita.
Luogo di spoliazione e di disgelo.  
L’ho attraversato immergendomi nella sua imperiosa fluidità liquida per trovare l’agire nell’oblio.
In questo luogo ci sono  linee di fuga che portano verso il centro della mia esistenza
e qui ho trovato il coraggio di percorrerle.
 
Oggi , dopo quasi un anno , in questo luogo ho provato felicità nell'averti intimamente accanto,
seduti in sosta sui gradini della casa del Filosofo.  
 
                                                                                Iperipo



Come posso farti capire – a te che conosci solo paesaggi modellati per secoli nell’idea, che ci portiamo nell’anima, dello scenario ideale delle nostre vite – come fosse la terra nel suo squallore originario, prima che vi portassimo l’ordine del lavoro, terrazzamenti, campi, orti, pascoli, i giardini irrigui del mondo che stiamo creando a nostra immagine?
 
Pensi all’Italia, o qualunque sia la terra che abiti in questo momento, come un luogo a te donato dagli dei, pronto all’uso in tutta la sua placida bellezza? Non è così. E’ un luogo costruito.
Se gli dei là sono con te , sbucano fuori da un albero in qualche pascolo, o agitano il loro spirito sui ciottoli di un ruscello nella luce chiara, nei pozzi, nelle sorgenti, nella pietra che segna il limite dei tuoi possedimenti sul fianco di una collina, se gli dei sono là, è perché tu li hai scoperti là, li hai estratti dal bisogno che la tua anima ha di loro e li hai sognati nel paesaggio, per renderlo brillante.
Essi sono con te, sicuro. Abbraccia il tronco dell’albero e senti lo spirito inondarti, senti il calore della pietra entrarti nel corpo, immergiti nella fonte come dentro un qualche luogo liquido dell’altra vita del tuo corpo durante il sonno.
Ma gli spiriti devono essere riconosciuti per divenire reali. Non sono fuori di noi, neppure interamente dentro, ma scorrono avanti e indietro tra noi e gli oggetti che abbiamo costruito, il paesaggio che abbiamo creato e vi si muovono.
Abbiamo sognato tutte queste cose nella nostra vita più profonda ed esse fanno parte di noi. E’ il nostro io  che stiamo costruendo là e quando il paesaggio sarà completato, saremo diventati gli dei che dovevano abitarlo.
 
 
 

E’ sempre stato là, in qualche modo in attesa, anche quando il mio sguardo lo notava sulle mappe, come il confine definitivo della mia vita, in attesa di essere attraversato, aspettando pazientemente, anno dopo anno, il mio arrivo. Per quanti passi io abbia percorso lontano da lì, sia nella realtà sia nell’immaginazione, esso continuava a mutare le sue maree, a gelare a ogni stagione, poi a riaprirsi di schianto e a scorrere di nuovo, sussurrandomi: "Sono il limite che tu dovrai attraversare, se vorrai trovare la tua vera vita, la tua vera morte."
di David Malouf
 

 
Per ogni agire ci vuole oblìo:
come per la vita di ogni essere organico ci vuole non solo luce,
ma anche oscurità. (…)
La serenità, la buona coscienza, la lieta azione, la fiducia nel futuro
dipendono (…) dal fatto che si sappia tanto bene dimenticare al tempo giusto,
quanto ricordare al tempo giusto…
  
(Frederic Nietzsche)
 
 




 

lunedì 28 aprile 2014

Pensare per immagini.


 
 
 
 
“Penso per immagini. In ciò mi aiutano le poesie.
Sono come boe nel mare. Io nuoto verso di loro, dall’una all’altra;
a metà strada, in loro assenza, sono perduto”.

Anselm Kiefer, 2008

 
Le infinite
 
piccole cose. Per una volta respirare soltanto
nella luce delle infinite
 
piccole cose
che ci circondano. O niente
può fuggire
 
l'esca di questa tenebra, l'occhio
scoprirà che noi siamo
solo ciò che ci ha resi meno
di quel che siamo. Non dir niente. Dire:
le nostre stesse vite
 
dipendono da questo.
 
"Credo" di Paul Auster 
 

 

 

sabato 26 aprile 2014

Abbraccio.


 
 
 

Immersi in questa  infinita bellezza
che ci sovrasta ovunque
voliamo uno accanto all'altra.
Ascolto i sussulti del tuo cuore
nel suo fluire tumultuoso.
Fiume rigoglioso che salta
fragoroso dalla vetta lungo la vertigine, 
in rapida discesa tra le rocce
alla ricerca di un piano largo
dove acquietare.
Il mio petto ti sia ansa di pace.
Entro gli argini lievi del mio abbraccio
espandi il tuo sguardo accanto al mio
in questo cielo senza confini
assaporando l'emozione che ci disorienta.
 
Iperipo
 
 
 
In questa sospensione meravigliosa
il tuo soffio,
la tua luce
disegnano vibrazioni circolari
a pelo d'acqua
in espansione armonica
nel mio stagno
anelante di movimento.

Iperipo
 
 
 
 
 

Chiedi parole di me, e io le dirò

 
Ho passeggiato con le tue domande
fra i viali di un luogo d'oblio
dove si celebra la vita ovunque. 
In un frastuono di inni silenti
mi è sopraggiunto lieve
come vento freddo di primavera
l'eco lontano di una vita non vissuta
colma di parole non dette
che solo la morte ha liberate dal silenzio
mutandole in questo nostro canto d’amore.
 
Iperipo

 
 
Vento-rigurgitato, dal radioso
no, e innestato sullo
sfregio verdebruno di questo
momento. Chiedi
che luogo sia questo e io, lungo i giunti
del tuo smembramento,
ti ho detto: la foresta
è la memoria
di se stessa, questa fragile
scheggia, che scorre nel
mio sangue navigabile, sospinta
in secco fra detriti del cuore. Chiedi
parole di me, e io
le dirò - dal momento
in cui ho imparato
a non darti nulla.
 
Paul Auster
 
 
 
 
 
 

sabato 5 aprile 2014

In un mattino al risveglio la luce di un sole radente ci ha rivelato l'anima delle cose inanimate. Trasfigurazione metafisica della nostra interiorità..., lontani dalle tenebre della lunga notte. Nel tuo guardare mi hai svelato tutto il tuo modo di essere.






 
 
" Parlava qualche parola di italiano, ma pochissime
e con una stupida grazia miagolante che completava il lessico.
Era pittore di paesaggi e di interni
e ogni giorno con la sua bicicletta giallo canarino usciva per Roma
o entrava nei palazzi con i suoi piccolissimi gessi:
stava lì un'ora , anche due se non cambiava troppo la luce ,
ma se la luce mutava e non era più così felice o così infelice come la sua felicità voleva che fosse
se ne andava dopo un quarto d'ora ;
tornava il giorno dopo quando il sole era alto oppure radente."
 
 
 
" Gli piaceva trovare il colore delle cose che passano,
soprattutto in quei momenti di luce infelice al mattino,
quando il sole è alle spalle ,
non ha ancora scaldato i muri, gli alberi e i prati
e tutto è ancora avvolto da qualche cosa di diurno che però
appartiene più alla luce della notte che al giorno.
Quella totale mancanza di luce diretta ,
o quella lampeggiante o radente durava poco,
ecco la ragione per cui andava e veniva.
Allora non soltanto la carta gialla da macellaio su cui sfregava i gessi
assorbiva quell' umidità e quel freddo
ma anche la sua pelle e i suoi muscoli,
e tutto ciò veniva reciprocamente trasmesso
dalla carta ai muscoli e dai muscoli alla carta. "
 
da "Libertà" di Goffredo Parise
 

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