lunedì 6 giugno 2016

David Lang: Death speaks

 
Io sono tua amica.
Io non sono crudele.
Dammi la tua mano.
Potrai dormire così dolcemente tra le mie braccia.
 
 
 
Pain changes 

pain changes every shape

once you are truly lonely
you will never be alone

feel my hand
I feel you 
touch my cold hand
I will take you 
from her
to your new cold land

I have chosen you 
my only love
those others
they search for you
but
where they search 
they will never find you

after the leaves fall, spring returns
after love is parted, it returns
all you have to do is 
come with me
and wait
one day she will be lowered in the earth 
beside you
my hand will guide her home
to the place where love is
and no pain

when that door opens 
you will be healed

dearest man, dearest woman
dearest boy, dearest girl
dearest mother, dearest father
dearest son, dearest daughter
you will never leave me

you listen
you are silent
you feel me leaning towards you

nothing escapes me
not the warrior
not the hunter

everything awaits the way it changes 
when life falls away
that is the meaning of the swan and its song

the night canʼt last forever
nor will this sleep
beyond this sleep is light
forever light
until that light can shine
until you see it shining
sleep sweetly here
in the cool, dark night
 
 
 

lunedì 2 maggio 2016

Vibrazioni liquide.


 

 
 
La luce calante all'imbrunire dipinge sull'acqua
percorsi morbidi per i miei pensieri.
Li seguo oltre il pontile
e mi astraggo dentro un viaggio metafisico.
La bellezza innocente mi è compagna.
Mi avvolge una dolce melodia
che ammalia l'anima d'infiniti colori.
Nell'oltre m'immergo e divengo fluido.
 
Iperipo3
 
 
 
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 


Max Richter & Grace Davidson - Path 5 (delta)

domenica 1 maggio 2016

Bellezza innocente e la memoria.













 

Il sentimento vissuto con verità
è bellezza innocente.

Anche ritornando nei luoghi dove quella bellezza
è stata sfregiata dall'insulto dell'inganno,
 la sua innocenza cristallina resta candida.
 Vive di vita propria 
dentro attimi fragili e delicati
che affiorano dalla memoria per emozionare ancora l'anima.
Attimi tenuti al confine.
Restano in una dimensione sospesa
a comporre un ricamo prezioso nel controluce nebbioso,
 in attesa di essere custodito,
oltre la dispersione delle onde che raggiungono una riva,
oltre il rimestio volgare di acque stantie e torbide,
oltre l'istinto del conflitto
che non ha da contare vittorie o sconfitte
ma solo perdite.

Bellezza innocente viva.
Per sempre.

Iperipo3




 
 
"...la più nobile specie di bellezza,
quella che non trascina d'un tratto,
che non scatena assalti tempestosi e inebrianti
(una tale bellezza suscita nausea)
ma che s'insinua lentamente
che quasi inavvertitamente ci porta via con sé,
e che un giorno, dopo aver a lungo con modestia giaciuto nel nostro cuore,
s'impossessa completamente di noi
e ci riempie gli occhi di lacrime
e il cuore di nostalgia."
 
Nietzsche
 
 
 
 
 
 
 
 
Si dimentica soltanto
quel che si era già dimenticato
quando accadeva.
 
Cesare Pavese




Oonossa from Fred Hatt. Music by Nils Frahm.

domenica 17 aprile 2016

Una corona di fiori.






Farfalle del colore dell’arenaria grigia, altre color caprifoglio.
Erba e fiori selvatici alti fino al ginocchio.
Petali sbiaditi dal sole tanto da essere quasi bianchi,
ma non bianco creta come quelle minuscole chiocciole che si trovano a volte sui terreni polverosi.
Delicati gladioli selvatici color ametista,
trasparenti e più piccoli della falange di un dito.
Papaveri rossi,
del rosso con cui un bambino dipinge il fuoco.
Papaveri sbiaditi,
appassiti,
le corolle reclinate delle macchie del vino.
Bassi affioramenti di roccia piatta,
liscia e grigia come il fianco dei delfini.
Il campo circondato su ogni lato da querce.
Morire in quel campo, il sangue che fluisce dentro la terra arida.
Essere uccisi da uno sparo,
cadere di traverso sui binari del tram,
il sangue che rende scivoloso l’acciottolato.

Descrivo la prima morte per intrecciare una corona di fiori per la seconda.

da “G.” di John Berger




giovedì 14 aprile 2016

Anziché comprendere un essere umano, lo si costruisce.




 

In questi giorni ho finito di rileggere quel libro meraviglioso che è
“Memorie di Adriano”
scritto da Marguerite Yourcenar.
A fine lettura mi hanno colpito alcune considerazioni  
riportate nel “Taccuino degli appunti” annesso al libro
in cui l’autrice descrive il suo meticoloso lavoro di ricerca
ed il suo travaglio, protrattosi per un gran numero d’anni della sua vita,
prima di decidersi a pubblicare il libro. 
In tutto quel tempo lei ha affrontato una continua rimodulazione del suo scrivere,
con un’ impresa grandiosa quasi impossibile da immaginare,
per cercare di ricostruire e restituirci in quel racconto la vita sociale e l’interiorità
di una persona complessa come quella di Adriano,
in modo che fosse la più aderente alla realtà,  
nel tentativo di non tradire l’essenza di quella persona.

 


 Queste sue considerazioni sono il frutto di un approccio che ritengo corretto
di fronte all' impresa ardua di raccontare la complessità della vita di un essere umano
con la giusta umiltà e responsabilità
nella consapevolezza che si sta’ cercando di fermare sulla carta,
circoscrivendola con delle parole scritte,
un qualcosa d'infinitamente articolata qual è la vita intima di una persona.


Nonostante questo percorso pieno di esitazioni, ripensamenti, dubbi  e pudore
a cui si è sottoposta l’autrice in tanti anni di lavoro,
e che la fa grande ai miei occhi già solo per questo,
alla fine lei stessa riconosce che ciò che ha scritto
è comunque una sua approssimazione del vero.

 
Persino raccontare se stessi è un’approssimazione quasi banale.

“ Fare del proprio meglio.
Rifare. Ritoccare impercettibilmente ancora questo ritocco.
<<Correggendo le mie opere, - diceva Yeats, - correggo me stesso>>”.



 
 
Tutto ci sfugge. Tutti. Anche noi stessi. La vita di mio padre la conosco meno di quella di Adriano. La mia stessa esistenza, se dovessi raccontarla per iscritto, la ricostruirei dall’esterno a fatica, come se fosse quella d’un altro. Dovrei andare in cerca di lettere, di ricordi d’altre persone, per fermare le mie vaghe memorie.
Sono sempre mura crollate, zona d’ombra.



 

L’uomo appassionato di verità, o , se non altro, di esattezza, il più delle volte è in grado di accorgersi, come Pilato, che la verità non è pura. Ne conseguono, mescolate alle affermazioni dirette, alcune esitazioni, sottointesi, deviazioni che uno spirito più convenzionale non avrebbe avuto; in certi momenti, rari peraltro, m’è accaduto persino di sentire che l’imperatore mentiva. In questi casi, bisogna lasciare che mentisse come noi tutti.

In un certo senso, ogni vita raccontata è esemplare; si scrive per attaccare o per difendere... le biografie in genere si squalificano per una idealizzazione o una denigrazione a qualunque costo, per particolari esagerati senza fine o prudentemente omessi; anziché comprendere un essere umano, lo si costruisce.

 










Non perdere mai di vista il grafico di una esistenza umana, che non si compone mai, checché si dica, d’una orizzontale e due perpendicolari, ma piuttosto di tre linee sinuose, prolungate all’infinito ravvicinate e divergenti senza posa: che corrispondono a ciò che un uomo ha creduto di essere, a ciò che ha voluto essere, a ciò che è stato.





Qualunque cosa si faccia, si ricostruisce sempre un monumento a proprio modo;
ma è già molto adoperare pietre autentiche.
 
 
Brani tratti da “Memorie di Adriano” di Marguerite Yourcenar

mercoledì 6 aprile 2016

LA COMMEDIA IN APRILE

 
  

  
E così marzo è diventato un museo,
e si apre il sipario di aprile.
Percorro la galleria vuota
fino all’ultima poltrona.
In una scenografia primaverile
gli attori piantano tende,
in un becco di luce
cominciano la commedia.
 
Le loro urla nel buio polveroso
si radunano gementi sopra
gli ambasciatori apparsi dalle quinte.
E gli oggetti e gli arredi sulla scena nella pioggia
sono la cenere della casa
e le pietre innumerevoli la tomba
nel verde.
 
Me ne vado nell’intervallo,
stufo di questo repertorio.
 
 
 Harold Pinter
(da Poesie d’amore, di silenzio, di guerra,
    Einaudi 2006, trad. di Edy Quaggio)


 

mercoledì 30 dicembre 2015

L' Amore.




for PINA (July 27, 1940-2015) from michele bernardi
Music by Luca D'Alberto "The life after" (from the album ESTASI)
Directed and animated by Michele Bernardi




Un giorno Pina è arrivata alla prova e ci ha chiesto
" Cosa vi viene in mente quando io dico la parola Amore? "

Io ho risposto
" L' Amore viene e va.
In questo momento va."

E Lutz ha detto
" Il più delle volte l'amore è un fiasco
 ma ci riprovo sempre.
Per fortuna che ci sono altre cose al mondo oltre l'amore."

E Janich ha detto
" Se tu mi ami,
non è uno scherzo. "

E Anna ha detto
"Ah l'Amore,
sempre l'Amore voi, voi. Gran Dio!
Ma che cos'è tutto questo?"

E Francis ha detto
" L'Amore è un racconto di fate.
Non potreste chiedermi qualcosa d'altro?"

E Anna Maria ha detto
" L'amore viene.
Va, poi torna per fortuna,  
o non torna
per disgrazia. "

E Kyomi ha detto
" Quando l'amore in giapponese mi tocca
io dico ... ahi! "

E Dominique ha detto
" L'Amore ha cambiato.
L'Amore ha cambiato la mia vita
ancora una volta.
E' la vita!
E' bello...non è vero?
E poi ci fa diventare pazzi e anche vuoti."

 

lunedì 28 dicembre 2015

Il viaggio…un disordine ordinato.


 
 
 
 
 
 

 
 
 
 

Il mio corpo , abbandonato e rilassato su un sedile dentro un vagone di un treno,
si lascia trasportare velocemente verso il mare in un viaggio di andata e poi forse di ritorno.
Vivo questo movimento come se fosse un destino inconsapevole.
Un destino deciso in un altrove.
 
 La traiettoria fisica assoluta del treno segue un percorso rigido e prestabilito
così com’è confinata obbligatoriamente su un binario.
Nella realtà relativa l’anima invece, con lo sguardo avulso da vincoli di confine,
 anche in questo piccolo spazio circoscritto,
  mentre è trasportata compie infinite traiettorie libere nello spazio e nel tempo. 
Una sorta di tanti andirivieni che precedono la partenza e anticipano l’arrivo.
 
  Nel riquadro del finestrino ogni immagine sfilacciata che scorre fuori
sovrapposta ai riflessi dell’interiorità è un impulso luminoso,
 è un’apertura di palcoscenico in cui la mente si dirige verso luoghi fantastici e suggestivi.
 
 L’anima per questi movimenti relativi attinge un’energia propria
che non è la stessa che muove il treno.
Energie diverse che interagiscono, molteplici viaggi nel viaggio.
Immagini veloci che impressionano la retina e che si stratificano
 dentro pensieri in un vortice circolare.
 Turbinii circolari di moti diversi e disordinati lungo una traiettoria rettilinea ordinata.
 
 Mentre il treno corre via veloce nel risuonare del suo ritmo,
 nell’ attimo breve ho l’impressione d’ inseguire immagini che fuggono via in avanti
e mi sento nello stesso attimo inseguito da immagini
che tornano da un tempo già trascorso e già vissuto.
  Tutto si sovrappone e si accavalla
 con la stessa sensazione di disorientamento provata da piccolo quando,
 su quelle giostre di paese sfavillanti di luci,
 a furia di girare e girare si perdeva la coscienza di ciò che era fermo
 e di ciò che era in movimento, di ciò che era realtà e di ciò che era immaginazione.
 
 Penso al viaggio come trasporto di energia in mutazione
 la cui origine e le cui frontiere è difficile individuare.
 Sicuramente energia destinata a confluire dentro un’ altra energia
 per crearne mescolandosi altra ancora.
 
  Nonostante tutta questa mia dispersione disordinata
di movimenti, traiettorie e pensieri relativi caotici
 il treno ha seguito il suo ordine assoluto ed è arrivato in perfetto orario
per la felicità di chi mi aspettava sul binario
 per scambiarci un abbraccio e andare a viverci il nostro mare d’inverno.

Iperipo3
 
 
 

 
 
 
 






 



 
 
 


 


 



 



giovedì 26 novembre 2015

La luce c'è.


Un luogo silenzioso e solitario dove l’Anima ci arriva quasi per caso
e lì sente la necessità di fermare il passo.
Un bisogno di stazionare per liberare la sua essenza più nobile.
 
Ascoltare le mutazioni della luce nei suoi giochi a creare disegni fantastici.
Arabeschi di rami e foglie in controluce sovrapposti a un cielo etereo.
Specchio d'acqua calma striata dai riflessi multicolori
oscillanti alla prima brezza d’inverno,
dentro una corolla di montagne evanescenti
sospese in aria senza peso. 
 
Sussurri di uccelli dentro traiettorie veloci,
fruscio di vento vagante dolcemente nei canneti,
sciabordio leggero di onde infinitesime a riva.
 
Nel tempo che ha sospeso il suo movimento
l' Anima sonda il non visibile di quello spazio
e ne assapora i segreti più lievi e nascosti.
 
 
L'Anima lì ritrova le sue radici primordiali
e accumula bellezza di fragranze visive inebrianti.
 
L'Anima si riempie di significato e non vorrebbe mai andarsene,
ha solo necessità di condividere il fascino di quella solitudine segreta
con un Noi semplice e multiforme.
 
Iperipo3

 
 
 
Dunque c’è la luce
e ogni foglia è attaccata al ramo
con esatto amore
e ogni foglia in orario
lascia il ramo
con audace resa
e ogni uscire dalla soglia
del corpo è ricevuto
con unanime benvenuto
da quella scienza della gioia
che proprio ora proprio qui
riempie il foglio di ghirigori
per dirti che dunque
la luce c’è.
 
Chandra Livia Candiani





 
 
 
 
Ci sono stati anni in cui mi era più facile sentire di essere l’albero che vedevo fuori dalla finestra che quel che sentivo in questo corpo, in questa mente, mi ero estranea, forse ero mezza pazza, ma il mondo mi ha salvato, con tutti i suoi significati sospesi ne ha dato uno anche a me: accoglierlo”.
 
Chandra Livia Candiani









 




 
 

 



 


 


 

sabato 17 ottobre 2015

Sono venuto per disturbare in silenzio.





Imprigionata nella gabbia delle parole non dette
l’anima libera e ribelle
ostinatamente oltrepassa muta il recinto del linguaggio
per viaggiare le sue traiettorie
alla ricerca di una porta nella luce
o di un golfo mistico dove vibrare,
nel diritto di vivere con pienezza la sua essenza,
rimanendo se stessa in una purezza sporca.

Lontana da interferenze abbaglianti
quest'anima non necessita legittimazioni
da chi non sa ascoltare altro che parole. 
Lavorio continuo di sottrazione
nel chiaro oscuro  interiore.
Denudazione in solitudine,
nella disperazione universale e oltre la disperazione,
che disorienta irrimediabilmente
chi è esercitato a confezionare abiti per il supermercato.

Iperipo.




Perché andiamo alla cieca
nel giorno che esce con noi,
e abbiamo visto il nostro fiato
appannare
lo specchio d'aria,
l'occhio dell'aria si aprirà
su nient'altro che la parola
cui rinunciamo: inverno
sarà stato un luogo
di maturità.

Noi che diventiamo i morti
di una vita altra dalla nostra.


Frammento del freddo di Paul Auster