mercoledì 9 novembre 2011

John Banville. Il treno e il mistero dell'alterità. Una soluzione semplice: l'occhio crea l'orizzonte.

L'uomo alla finestra...ammira oziosamente le ombre dense, violacee, sotto gli alberi. Una specie di fumo si libra alto una spanna sull'erba che pare grigia. Tutto è diverso a quest'ora.

...Gradatamente si accorge di qualcosa che non sa identificare, un tremore tutt'intorno, come se l'aria stessa fremesse. Cresce d'intensità. Allarmato...fa un leggero passo indietro nella penombra protettiva della stanza.
...Poi da sinistra appare , enorme , muso smussato, si fa strada alla cieca e rotola fino a fermarsi vibrando e a rimanere immobile davanti agli alberi, sbuffando nuvole di vapore.
Le luci sono ancora accese nelle carrozze; costringono l'alba a ritrarsi un pò. Ci sono teste chine nei lunghi finestrini, come teste di foca -stanno tutti dormendo?-...
Il silenzio tutt'intorno è vasto e in certo modo risentito. Il motore emette uno sbuffo stizzoso , come a dare una zampata alla terra.
Perchè debba fermarsi in quel punto ogni mattina nessuno della casa sa dirlo.
Non c'è nessun'altra abitazione per chilometri , la linea è sgombra in entrambe le direzioni , eppure è proprio quì che si ferma.
Sua madre ha protestato ripetutamente con l'azienda ferroviaria... " Non farei caso al rumore che fà quando passa ma è fermandosi che mi sveglia."




...Scosso dai pensieri sulla morte e sul morire, si costringe a fissare di nuovo l'attenzione sul treno.
Una delle teste di foca si è girata e al di là del tratto di prato fumigante lo guarda un bambino con la pallida faccia emaciata e gli occhi enormi.
Con quale intensità il ragazzino fissa la casa , quanto è bramoso il suo scrutare: che cosa sta cercando , quale segreta conoscenza, quale rivelazione?

Il giovane uomo è convinto che il bambino possa vederlo , da lì , anche se di certo non può essere: di certo la finestra da fuori è uno spazio nero oppure, all'opposto , è di un bagliore accecante, infiammata dal riverbero bianco-oro del sole che sembra averci messo un tempo lunghissimo a sorgere, ma ora si arrampica con vigore nel cielo d'oriente.
Eccetto per quegli occhi avidamente indagatori, i tratti del ragazzino sono insignificanti, o per lo meno lo sono da ciò che se ne discerne da questa distanza.
Ma cos'è che stà cercando, per sgranare gli occhi in quel modo?

Ora il motore ci ripensa e dà una sorta di scossa, un rumore metallico ripetuto risuona lungo le carrozze trasmettendosi da un gancio all'altro , e con un cigolio la bestia bruta si rimette in moto e, mentre si muove, il sole sorto trafigge ogni serie di finestrini, vendicandosi delle lampadine ancora accese, facendole vergognare con il suo fuoco violento.
Il bambino , allungando il collo, fissa fin all' ultimo.





Ripensa al bambino sul treno e, come spesso gli accade, lo colpisce il mistero dell' alterità .
Come può lui essere un io e gli altri altri dal momento che anche gli altri sono io per se stessi?

Sa , naturalmente , che non si tratta di un mistero ma di una mera questione di prospettiva.
L'occhio , dice a se stesso , l'occhio crea l'orizzonte.


... Il bambino sul treno era una specie di orizzonte per lui e lui una specie di orizzonte per il bambino solo perchè ciascuno si considerava al centro di qualcosa -si considerava in effetti il centro di se stesso- e questa è la soluzione semplice a quel cosidetto mistero. Eppure.

tratto da "Teoria degli Infiniti "di John Banville Ediz. Guanda

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