mercoledì 6 novembre 2013

E anche questo dolore sarà vano.



 
 
Coll'ultima rinunzia
ti ho sollevata pura
sulla nausea di tutte le cose ,
come un giorno dal mondo si levò
su tutte le vergogne e sul dolore
un calice di luce.
Ho tentato strapparti entro quest'anima
alla sorte di tutte le cose
che l'han sfiorata un attimo
spente dalla sua corsa di vertigine.
Tu mi hai seguito muta
ed ogni istante della tua bellezza
mi era un tal sacrificio
che mi pareva l'ultimo tuo dono.
Per te ho sofferto tanto
dinanzi alla tua vita
che la tua forma limpida
mi parve un giorno solo più l'immagine
di quello stesso strazio che soffrivo.
 
E ora ti ho perduta
anche questa rinunzia sarà vana.
Ché i tuoi occhi di lutto
mi guarderanno sempre
come se il loro sguardo fosse l'ultimo.
 
CESARE PAVESE
 
 
 

4 commenti:

  1. Molto triste e commovente ma di una bellezza straordinaria.

    Il leggerla, mi ha evocato la canzone " Col tempo sai ", versione cantata da Battiato.
    Buona serata.
    Francesca

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  2. Nessun dolore è vano, e Cesare lo sapeva bene... Ma quando si nasce con un animo così inquieto, è facile affezionarsi anche alla propria sofferenza, che diventa anche una forma di compagnia... Che peccato...

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  3. Ogni dolore non è vano solo perché è uno stato d’attesa. Attesa di un nuovo dolore.
    Cesare scriveva:

    “Chi soffre è sempre in stato d’attesa – attesa del sussulto e attesa del nuovo sussulto.
    Viene il momento che si grida senza necessità, pur di rompere la corrente del tempo, pur di sentire che accade qualcosa, che la durata eterna del dolore bestiale si è un istante interrotta- sia pure per intensificarsi.”

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