lunedì 31 dicembre 2012

Fine 2012 : ... forse il cuore ci resta. Forse.




'Forse Il Cuore'

Sprofonderà l'odore acre dei tigli
Nella notte di pioggia. Sarà vano
Il tempo della gioia, la sua furia,
quel suo morso di fulmine che schianta.
Rimane appena aperta l'indolenza,
il ricordo di un gesto, d'una sillaba,
ma come d'un volo lento d'uccelli
fra vapori di nebbia. E ancora attendi,
non so che cosa, mia sperduta; forse
un'ora che decida, che richiami
il principio o la fine: uguale sorte,
ormai. Qui nero il fumo degli incendi
secca ancora la gola. Se lo puoi,
dimentica quel sapore di zolfo
e la paura. Le parole ci stancano,
risalgono da un'acqua lapidata;
forse il cuore ci resta, forse il cuore.



di Salvatore Quasimodo
 


 
 

Le parole ci stancano,
risalgono da un'acqua lapidata;
forse il cuore ci resta, forse il cuore.

 

Pier Paolo Pasolini : i giovani infelici , la colpa dei padri e...un sogno , il ritorno delle lucciole.



Uno dei temi più misteriosi del teatro tragico greco è la predestinazione dei figli a pagare le colpe dei padri.
Non importa se i figli sono buoni, innocenti, pii: se i loro padri hanno peccato, essi devono essere puniti.

… Ho osservato a lungo in questi ultimi anni, questi figli. Alla fine, il mio giudizio, per quanto esso sembri anche a me stesso ingiusto e impietoso, è di condanna.
Ho cercato molto di capire, di fingere di non capire, di contare sulle eccezioni, di sperare in qualche cambiamento, di considerare storicamente, cioè fuori dai soggettivi giudizi di male e di bene, la loro realtà. Ma è stato inutile.
Il mio sentimento è di condanna.
… Ma poiché, forse, condanna è una parola sbagliata…dovrò precisarla: più che una condanna, infatti il mio sentimento è una «cessazione di amore»: cessazione di amore, che, appunto, non da luogo a «odio» ma a «condanna».
… Se io condanno i figli (a causa di una cessazione di amore verso di essi) e quindi presuppongo una loro punizione, non ho il minimo dubbio che tutto ciò accada per colpa mia. In quanto padre. In quanto uno dei padri. Uno dei padri che si son resi responsabili, prima, del fascismo, poi di un regime clerico-fascista, fintamente democratico, e, infine, hanno accettato la nuova forma del potere, il potere dei consumi, ultima delle rovine, rovina delle rovine.
… I figli che ci circondano, specialmente i più giovani, gli adolescenti, sono quasi tutti dei mostri.
Il loro aspetto fisico è quasi terrorizzante, e quando non terrorizzante, è fastidiosamente infelice.
…Sono maschere di qualche iniziazione barbarica. Oppure, sono maschere di una integrazione diligente e incosciente, che non fa pietà.
…Nei casi né migliori né peggiori (sono milioni) essi non hanno espressione alcuna: sono l'ambiguità fatta carne.
 

I loro occhi sfuggono, il loro pensiero è perpetuamente altrove, hanno troppo rispetto o troppo disprezzo insieme, troppa pazienza o troppa impazienza.
… Essi non hanno nessuna luce negli occhi: i lineamenti sono lineamente contraffatti di automi, senza che niente di personale li caratterizzi da dentro. La stereotipia li rende infidi.
Il loro silenzio può precedere una trepida domanda di aiuto (che aiuto?) o può precedere una coltellata.
…. Sono regrediti [ ] a una rozzezza primitiva. Se da una parte parlano meglio, ossia hanno assimilato il degradante italiano medio — dall'altra sono quasi afasici: parlano vecchi dialetti incomprensibili, o addirittura tacciono, lanciando ogni tanto urli gutturali e interiezioni tutte di carattere osceno.
Non sanno sorridere o ridere. Sanno solo ghignare o sghignazzare.
… Dunque, i figli che noi vediamo intorno a noi sono figli «puniti»: «puniti», intanto, dalla loro infelicità, e poi, in futuro, chissà da che cosa, da quali ecatombi.
 
Ma sono figli «puniti» per le nostre colpe, cioè per le colpe dei padri. È giusto? Era questa, in realtà, per un lettore moderno, la domanda, senza risposta, del motivo dominante del teatro greco.
Ebbene sì, è giusto…che i figli …devono pagare le colpe dei padri.

Infatti i figli che non si liberano delle colpe dei padri sono infelici: e non c’è segno più decisivo e imperdonabile di colpevolezza che l’infelicità.

Sarebbe troppo facile e immorale, che i figli fossero giustificati [ ] dal fatto che i padri hanno sbagliato. L’eredità paterna negativa li può giustificare per una metà, ma dell'altra metà sono responsabili loro stessi. Non ci sono figli innocenti. [ ] Ed è giusto che siano puniti anche per quella metà di colpa altrui di cui non sono stati capaci di liberarsi.
 

Resta sempre tuttavia il problema di quale sia in realtà, tale «colpa» dei padri.
… intanto, dobbiamo liberarci dall'idea che tale colpa si identifichi [ ] coll'effettivo potere capitalistico.
I figli che vengono oggi cosi crudelmente puniti dal loro modo di essere … sono anche figli di antifascisti e di comunisti.
Dunque fascisti e antifascisti, padroni e rivoluzionari, hanno una colpa in comune. Tutti quanti noi, infatti, fino oggi, con inconscio razzismo, quando abbiamo parlato specificamente di padri e di figli, abbiamo sempre inteso parlare di padri e di figli borghesi.

La storia era la loro storia.

Il popolo aveva una sua storia a parte, arcaica, in cui i figli, semplicemente, [ ] reincarnavano e ripetevano i padri.
Oggi tutto è cambiato: quando parliamo di padri e di figli, se per padri continuiamo sempre a intendere i padri borghesi, per figli intendiamo sia i figli borghesi che i figli proletari. Il quadro apocalittico, che io ho abbozzato qui sopra, dei figli, comprende borghesia e popolo.

Le due storie si sono dunque unite: ed è la prima volta che ciò succede nella storia dell'uomo.
Tale unificazione è avvenuta sotto il segno e per volontà della civiltà dei consumi: dello «sviluppo». Non si può dire che gli antifascisti in genere…si siano veramente opposti a una simile unificazione, il cui carattere è totalitario anche se la sua repressività non è arcaicamente poliziesca (e se mai ricorre a una falsa permissività).
Perché c'è — ed eccoci al punto— un'idea conduttrice sinceramente o insinceramente comune a tutti: l'idea cioè che il male peggiore del mondo sia la povertà e che quindi la cultura delle classi povere deve essere sostituita con la cultura della classe dominante.

In altre parole la nostra colpa di padri consisterebbe in questo: nel credere che la storia non sia e non possa essere che la storia borghese.

[tratto da "Pier Paolo Pasolini, Lettere luterane. Roma 1991, 5-12."]





In questi giorni di ferie  in cui mi sono regalato un po’ di tempo per vivermi Milano nei luoghi dove riesco a trovare ancora della bellezza , mi sono imbattuto inevitabilmente anche quest’anno nonostante la crisi con quel fenomeno che è fonte di una sofferenza grande per me .


Infatti camminando per le strade affollate mi sono sentito spesso urtato , preso in ostaggio da orde cammellate di giovani dedite allo shopping  pre e post-natalizio . Orde che accerchiano , che costringono a muoverti al loro ritmo da ebeti ammaliati  dalle vetrine scintillanti . Orde che soffocano il respiro e la libertà di movimento.

Giovani insaziabili che si affannano ad acquistare ancora con i pochi soldi rimasti , spesso elargiti da genitori in difficoltà economica per le necessità primarie , per reiterare il rito del consumo delle festività secondo la legge di sopravvivenza dei tempi correnti “Il consumo costi quel che costi”.

Giovani isterici dediti all’ acquisto di cose spesso senza senso con la necessità spasmodica di scartare per sostituire . Eccesso e spreco.  Giovani lontanissimi dalla ricerca dell’essere ma sempre e solo impegnati a cercare l’apparenza, .

Giovani impregnati di luoghi comuni veicolati dalle informazioni pubblicitarie  che quando ti soffermi ad  ascoltarli ti rendi conto che non riescono a produrre un pensiero proprio.

Giovani inesorabilmente e costantemente scollegati dalla loro realtà. Sempre “on-line” invece con il cellulare che è diventato ormai una protesi del cervello  vitale per pensare di esistere.

Se li si osserva mentre  sono insieme ai cosiddetti amici si vede che le “persone reali” per loro sono marginali ciò che conta è quello che scorre sul monitor del cellulare. Non parlano tra loro se non con battute frammentate e senza senso. Rigorosamente assente il pensiero , costantemente latitanti di fronte a qualsiasi ragionamento. Velocissimi invece ad interagire col cellulare che ha la priorità su tutto , ovunque e sempre. Ognuno cammina isolato nella propria ricerca di felicità effimera secondo i moduli della società dei consumi. Smarrito quando la disponibilità economica non gli consente di praticare la felicità dell’acquisto.
 
Un mio sogno  è che quei pochi giovani , partigiani dei nostri tempi , che ancora resistono  a questo smarrimento generale , abbiano la forza per riunire i loro progetti , il loro senso di ribellione , i loro desideri , i loro sogni e riescano a raggiungere il punto più alto della scogliera per spiccare il volo senza esitazione verso uno spazio nuovo ,  un altrove al di là del mare aperto , dove tutto è da immaginare , da costruire e dove è da ridefinire un senso nuovo del tempo , un senso nuovo dei rapporti umani , alla ricerca della felicità vera . La loro felicità...se si avvera è poi anche la felicità di quei padri che non sono riusciti a raggiungerla.




A questi indomiti visionari gli auguro di riprendersi in mano il loro destino stravolgendo questa società che noi padri gli abbiamo lasciato in eredità.  Una società che li vuole automi , omologati alle leggi del consumismo , uccisi nella mente e nella dignità.

Augurio di un padre che vive la sua colpa  ma che ama la propria figlia e in generale i figli dei padri della sua stessa generazione. Un padre che ha sognato e sogna ancora un modello di società dove è vitale che i figli si ribellino ai padri per potersi costruire la loro felicità e garantire il progresso della società tutta.
Questi nostri figli forse non ci riusciranno a raggiungerla la loro felicità , ma già tentare è una forma di felicità . Non provarci nemmeno  è disperante , azzera il senso del vivere.

E dopotutto  nonostante i problemi correlati “ la crisi economica di questi tempi forse aiuta i giovani a prendere consapevolezza del vero senso della vita , dopo tante luci di fuochi fatui ” come sostiene mia madre , con la saggezza di un' ottantenne ormai fragile ma abituata a lottare fin da piccola nella sua vita per costruire il suo tentativo di felicità , quando parla alla sua giovane nipote che l'ascolta e le sorride pensando a quanta forza e caparbietà c'è stata nel suo percorso di vita.
 

mercoledì 26 dicembre 2012

Desiderio di un "Buongiorno" , dopo una notte...oltre il Natale

 
 
 
 
Notte oltre il Natale
 
Mi risveglio,

ascolto là fuori.

L’acqua tranquilla,
cerca la sua via.
E’ un suono,
di un tempo liquido,
che scorre sulle tegole.
 
Uno sguardo,
oltre il tetto.
La pioggia porta via,
l’ultima neve.
Il gelo è andato,
ha lasciato la presa.
Il freddo ora è morbido.
 
Lo sguardo apre un varco
attraverso la trama nera,
dei rami spogli.
La campagna bianca sfuma ,
evanescente nella nebbia .
 
La notte è passata.
Instancabile Brad,
ha continuato a girare
la musica delle notti d’amore.
Le note portano  lontano
un desiderio di buongiorno,
con un profumo.
 
Bevo un caffè doppio.
Nel piattino è rimasto del dolce.
 
Sorridendo.

Iperipo
 


 
 Desiderio


In questo mattino di festa
mi sarebbe piaciuto
stare ad ascoltare
i tuoi sogni da vicino
e poi svegliarti dolcemente
accarezzandoti i capelli,
sfiorarti la guancia con le labbra,
e sussurrarti “ tesoro è pronto ”…
per cogliere il tuo primo sorriso del giorno,
come risveglio di primavera
nella casa che profuma di caffè.

Iperipo




Brad Mehldau on vimeo by PARIS JAZZ FESTIVAL webTV
 
 
 

lunedì 24 dicembre 2012

Le mie cose preferite . Il mio me stesso , il nostro noi stesso ...e il dolore.


Oggi come il 7 luglio 2012 e come sempre -me stesso-
... poi ognuno abbia la sua verità , così come vi pare.
Auguro solo un pò di serenità nell'intimo.
 
Con il cuore che mi resta.
Giò.







Sento che il mio mondo lo stanno deformando.
I riferimenti che sono stati
ora sono dispersi
dal razionale devastante.
Il passato
altalenando nei luoghi dell'anima,
con i suoi suoni e con i suoi colori,
si allontana e si riavvicina,
ma lentamente e inesorabilmente
è costretto a virare
verso tonalità che non mi appartengono.

Realtà estrusa , lacerata e ricomposta con forza 
a riempire forme
disegnate da altri.
Tensione violenta a deformare il vero
per disorientare l'anima
e trovare consolazione
nelle macerie.

Piegare la vita
a ripetere lo schema
nell'agonia dell'amore.


 Ricerca di equilibri persi alimentando la distruzione.

Unica stabilità 
l'essenza delle mie cose preferite,  
quelle a cui torno sempre.

Le cose preferite che ho anche condiviso,
quelle  
che sono state e sono il mio me stesso
e
che sono state il nostro noi stesso
...ora negato


nella ricerca del dolore
per sentirsi vivi.

Iperipo3



giovedì 20 dicembre 2012

Avrei camminato con te...

 
 
 
 
Natura morta
 
Nevicata. E nella vena
più profonda di bianco,
un ricordo
che aggiunge i tuoi passi
a quelli perduti.
 
Senza fine,
avrei camminato con te.
 
Paul Aster

 

Neveby Ria Ama on Vimeo


Comunicazione di servizio: ... nonostante la tristezza dei tempi correnti,
quì con fatica si fà ancora esercizio di sorriso.
Pensieri cari. Buon risveglio.
 
 

venerdì 14 dicembre 2012

Come quando d'inverno si cammina controvento nell'aria gelata e il respiro manca.

  
 
 
 
Il freddo là fuori toglie il respiro.
Dentro ancora di più.
 
Calore è il suono della tua voce
che ascolto come musica.
Nel mio dolore è ventata d'amore,  
al di là dei pesi e dei contrappesi.
 
Alla fine ti lascio "un bacio"
ma eri già lontana
nel pianto per un dolore diverso.
 
Rimane il freddo
che ghiaccia le lacrime, e strangola
fino a fermare il battito,
 nella musica della tua voce
che mi ridà respiro.

Iperipo3






giovedì 13 dicembre 2012

Perchè le akebia continuano a maturare, ancora e ancora in questo mondo?


           ...nel dolore dell'assenza mi riempie quest' amore che ti cerca oltre i miei limiti





Alla fine dell’estate chi è stato l’ultimo a uscire dal mare?
L’ultimo è tornato a casa senza chiudere il coperchio del mare
E da allora per tutto questo tempo il mare è rimasto scoperchiato
I ciliegi, le dalie, le creste di gallo
I girasoli e i papaveri
Perché continuano a fiorire
Ancora e ancora
In questo mondo senza te?

La terra è sommersa fino alle ginocchia dall’acqua del mare
Le maree aumentano e influenzano la luna
E visto che il mare è rimasto scoperchiato
La luna si è gonfiata in un plenilunio fasullo
Non guardare il viola all’esterno
Dell’iride che circonda la luna: è un veleno!
I melograni, le akebia, i fichi
I mirtilli, le fragole di bosco e l’uva selvatica
Perché continuano a maturare
Ancora e ancora
In questo mondo senza te?

Le donne piangono e anche gli uomini piangono guarda!
La tristezza gli arriva all’altezza dei pantaloni
E visto che il mare è rimasto scoperchiato
La notte si estende sempre più senza mai sovrapporsi
Ormai è da giorni che siamo fermi a ieri
Nessuno in città se n’è accorto
Orione, Canopo, Perseo,
Cassiopea e l’Orsa Maggiore
Perché continuano ad apparire
Ancora e ancora
In questo mondo senza te?

Di qui in avanti io
Incontrerò ancora molte persone
“Buongiorno” “Bel tempo, eh?” “Che pioggia fastidiosa!” “Stia bene!”
In questo mondo senza te…

Buongiorno Buonasera Scusi, che ore sono? Siete stati tutti bene dall’ultima volta che ci siamo visti? Permesso? Ti amo Ci vediamo dopo Ultimamente le giornate si sono accorciate, eh? Anche oggi c’è un’umidità terribile Bene o male, anche quest’anno sta per finire Dicano pure quello che vogliono, niente batte il mare d’estate Addio, non ci vedremo mai più! Pronto? Pronto? Le chiedo scusa per l’altro giorno Le chiedo perdono per l’altro giorno Le chiedo venia per l’altro giorno Le chiedo… Al momento siamo assenti A ogni modo, piove moltissimo…

Alla fine dell’estate chi è stato l’ultimo a uscire dal mare?
L’ultimo è tornato a casa
senza chiudere il coperchio del mare
E da allora per tutto questo tempo il mare è rimasto scoperchiato.
 
Hara Masumi
 


domenica 9 dicembre 2012

Ho cercato un luogo dove l'anima potesse tornare alle sue ombre


L'anima ha bisogno di raccogliersi nel silenzio di un luogo lontano , dopo che la musica gioiosa l' ha ubriacata. In questa sera fredda di tardo autunno cerco un dove per starmene con lei .
Mi ritrovo a percorrere un lungo colonnato semideserto illuminato da lanterne che rilasciano delle luci fioche.
Mentre cammino mi si aprono alla vista , in successione , una serie di cortiletti delimitati con colonne imprigionate da glicini invadenti. Nel mio andare incontro poche persone , perlopiù chiuse nei loro pesanti cappotti , che si attardano parlando sottovoce.
Alle pareti sono esposti alcuni quadri/sculture di un pseudo pittore che si affanna a trovare le parole giuste per spiegare a una cinepresa l'arte che non c'è nelle sue opere.
Lo ascolto distratto mentre osservo quei quadri che non mi muovono dentro nulla.
Nel frattempo le ultime persone  già si allontanano frettolose vista l'ora prossima alla cena ; probabilmente sono dirette verso casa . Tutto in questo intorno volge verso una quiete surreale.
Quando la giornalista con la sua cinepresa e il suo artista si allontanano , scambiando gli ultimi accordi sulla pubblicazione del filmato, rimango solo in questo silenzio che assume una sua  fisicità.
In questo momento colgo in me un senso di libertà . Mi impossesso di questo spazio e lo sento mio.
Assaporo finalmente il silenzio e lo percorro ascoltando il rumore dei miei passi.




Mi ritrovo seduto su un muretto. Di fronte a me si apre il giardino di un piccolo chiostro dove i rumori della città non arrivano. In verità se mi concentro li percepisco ancora , ma molto lontani e ovattati. Me ne stò qui con una tua poesia tra le mani avvolto da una pace inverosimile.
Le luci del giorno ormai declinano alle tenebre e a fatica lo sguardo riesce a cogliere i dettagli del giardino tanto è fitta la penombra. 
I pensieri vagano liberi e si cullano ancora tra quelle note che mi hanno riempito fino a pochi istanti fà. L'anima invece ormai ha spostato il suo baricentro sui versi della poesia.
Mentre stò in questo stato onirico ho la sensazione di percepire la presenza di persone a mè care. Alzo gli occhi e con lo sguardo apro le ombre di questo giardino oscuro.
In fondo , vicino al muro di cinta , in un angolo buio mi accorgo che su una panca , tra i rami e le foglie cadute , c'è una donna con una ragazza dormiente fra le sue braccia che ascolta il silenzio con me.


 
 
 
La musica inganna.
Trasforma il dolore.
Allontana la realtà.
Avvicina le distanze.
E' calice di felicità
virtuale che inebria.
 
Finito il placebo,
ostinata l'anima torna 
ad aprire le ombre.
Chiede tregua
e io non ho più pretese
la lascio riposare
nel silenzio.


Daniel Barenboim: la musica per la pace. Ma per andare a prendere il Nobel ci vuole il frac e lui non ce l'ha più il frac.







 

 
 
Intervista a Barenboim il grande maestro che ha voluto entrambi i passaporti , quello palestinese e quello israeliano .

A proposito dell’impegno di Barenboim affinchè si riconosca internazionalmente la leggittimità a coesistere di due Stati , quello palestinese e quello israeliano con pari dignità, sulla stessa terra , l’intervistatore si rivolge  a lui  dicendogli:
“ Con riferimento alla situazione israelo-palestinese volevo parlare con lei del ruolo della cultura e della musica all’interno di quei problemi così drammatici."
Poi aggiunge : "Io guardo lei e non so perché vedo un po’ Stoccolma. Il premio Nobel per la pace come si comporta?”
E Barenboim risponde.
“ Ma scusi…bisogna definire esattamente perché si dà il premio Nobel per la pace?  Ultimamente si è dato per ragioni che non sono sempre state così chiare.
Io considero che il mio lavoro , e lo dico senza nessuna falsa modestia , non è per la pace. Il mio lavoro non è questo.
Il mio , è il lavoro per svegliare la curiosità della gente della regione , ebrei , mussulmani , cristiani e secolari di tutti e tre , affinché vedano che c'è una possibilità che israeliani e palestinesi vivano insieme o uno accanto all’altro ma sicuramente non spalle contro spalle. Questo è il mio lavoro. Questa non è la pace.
La pace è qualche cosa che si decide con tanti elementi di giustizia, di giustizia morale , di giustizia politica…e di tante altre cose da affrontare.
C’è tanta gente che non riconosce quello che stiamo facendo noi.
Quanta gente a Ramallah ( dopo il concerto del 2005) mi ha detto:  “ Non vogliamo vedere palestinesi e israeliani suonare insieme mentre l’esercito israeliano è qui a Ramallah o a 50mt.”.
Lo capisco …e in Israele lo stesso.
Dunque quello che io faccio , e lo  ripeto non per falsa modestia , non è un lavoro per la pace . E’ un lavoro che è il risultato di un pensiero  , su un modo per vivere meglio nella regione, ma non è la pace.
E poi…per andare a prendere il Nobel bisogna avere il frac …e io non ce l’ ho il frac.




 
Io ho formato un’orchestra europea per andare a suonare a Gaza. Io ho sempre voluto andare a suonare a Gaza e con la West-Eastern Divan Orchestra non potevo andare perché con gli israeliani non era possibile.
Ho formato un’ orchestra buonissima con membri della Orchestra Staatskapelle di Berlino , della  Filarmonica di Berlino , della Filarmonica di Vienna , dell’orchestra di Parigi e della Scala, e siamo andati a suonare a Gaza. Abbiamo passato una giornata indimenticabile.

Alla fine del concerto un signore palestinese mi disse “ Grazie, grazie, grazie, grazie…” e io  dico “No,siamo noi che dobbiamo ringraziare , per noi è stato un’occasione molto speciale , eccetera, eccetera.”
E lui “ No, no , lei non capisce. E’ molto importante che lei sia venuto qui.”
E io  avevo detto “ Ma io sono israeliano . Sono palestinese , ma io sono anche israeliano.”
E poi finalmente gli dico “ Ma perché è così importante che io sia venuto? Perché è così importante per lei che io sia venuto qui con questi musicisti a fare questo concerto?”
E lui mi ha risposto con una frase che non dimenticherò mai , perché è il più grande complimento che ho ricevuto in tutta la mia vita e la mia è un’assai lunga carriera , io sono dal 1950 sul palcoscenico dunque sono già 62 anni.
Lui mi disse: “ Perché noi a Gaza abbiamo l’impressione che il mondo ci ha dimenticato. Qualche volta qualcuno si ricorda di noi e ci manda del mangiare o la medicina, e siamo veramente molto contenti di questo , e ci aiuta.
Ma questo si manda anche per gli animali. Anche loro hanno bisogno del mangiare e hanno bisogno della medicina. Lei invece con questo concerto ci ha ricordato che siamo degli esseri umani.”

Nils Petter Molvaer - Baboon Moon




sabato 8 dicembre 2012

Our favorite things: Marc Copland bei Jazz à La Villette



 

Cristina Alziati: incontro con una donna. Madre...non solo di Sofia.

 

Mi ritrovo davanti a te  quasi casualmente.
Vivo la tua voce che mi recita queste parole.

L’ascolto la tua voce e sento la sua forza
nonostante la tua apparente fragilità,
e mi apro a una melodia poetica
la cui intensità commuove.

Di questa esperienza,
di questo incontro inaspettato che il caso mi ha donato,
voglio semplicemente scriverti
che è stato un frammento di vita vissuto
che mi rimarrà dentro come esperienza carica di bellezza.

Fin da quando i nostri sguardi si sono avvicinati,
ti ho riconosciuta donna amica senza sapere ancora niente del tuo scrivere,
senza sapere che poi mi avresti regalato questa lettura.

Poi ascoltandoti , sentendo la tua sensibilità, le tue parole, la tua voce,
è stata solo conferma di quel sentire ad istinto.

Grazie amica donna.
Madre non solo di Sofia.

 
Iperipo3


 

Ricapitolazione

In una notte come questa, e lontana
qualcosa mi aveva inciso nella mente
come elenchi i nomi. lo da allora
quando chiamo la terra e la casa
la dolcezza il pane, e dentro
c'è una notte come questa, io
quando dico terra,
è disfarla, dico, la terra - è farla

- quando dico mattina ed è questa
in cui guardo Sofia andare a scuola
con altri bambini, e domando
dove ora saranno i bambini dei fuochi
i soldati bambini, quando dico
mattina, e quegli altri, con i loro
giocattoli-mina quando dico bambini -


 
Cristina Alziati



 

I bambini giocano





 


I bambini giocano
I bambini giocano alla guerra.
E' raro che giochino alla pace
perché gli adulti da sempre fanno la guerra,
tu fai "pum" e ridi;
il soldato spara e un altro uomo non ride più.
E' la guerra.
C'è un altro gioco da inventare:
far sorridere il mondo, non farlo piangere.
Pace vuol dire che non a tutti piace lo stesso gioco,


che i tuoi giocattoli piacciono anche agli altri bimbi
che spesso non ne hanno, perché ne hai troppi tu;
che i disegni degli altri bambini non sono dei pasticci;
che la tua mamma non è solo tutta tua;
che tutti i bambini sono tuoi amici.
E pace è ancora
non avere fame
non avere freddo
non avere paura.
 
 
di

Bertolt Brecht